Bambini e adulti autistici (a seconda della gravità) hanno difficoltà a comunicare con gli altri; quindi, possono avere pochi amici, oppure nessuno. Il bambino autistico può evitare il contatto con i compagni di classe, e, a sua volta, i compagni di classe non riescono a costruire una relazione o un’amicizia perché non capiscono alcuni comportamenti del bambino autistico.
Una delle prime e più importanti regole per creare una relazione con gli altri è conoscere il nome del proprio interlocutore e, a volte, futuro amico. Sovente, alcuni allievi autistici trascorrono l’intero periodo scolastico senza mai sapere il nome dei propri compagni.
Sono tantissime le tecniche che possiamo adottare in classe oppure a casa (quando invitiamo dei bambini) per far sì che i nostri figli o allievi autistici imparino il nome dei propri compagni di classe, e possano creare, quindi, la base di una futura amicizia:
- Spiega ai bambini della classe le caratteristiche del bambino autistico: “ad alcuni bambini autistici non piace guardare negli occhi, quindi non è che sono scortesi”, “ad alcuni bambini autistici non piace essere toccati troppo”, ecc.
- Insegna ai bambini normo tipici a salutare il bambino autistico, (per nome) e all’allievo autistico a rispondere. Insegna ai bambini normo tipici anche a fargli i complimenti, nel caso sia necessario, sollecita sempre il bambino autistico a dire: “grazie” (nome)!
- Siedi il bambino autistico accanto ad un bambino normo tipico che abbia dimostrato di essere un buon “aiutante”, e siedi entrambi nel primo banco, in modo di poter controllarli meglio. Alla maggior parte degli studenti piace essere “aiutanti”. Spesso questo ruolo importante dà loro un senso di orgoglio.
- Accoppia il bambino autistico con un compagno di classe mentre camminano per il corridoio, mentre si gioca nel parco e durante qualsiasi altro tempo non strutturato. Scegli uno studente fidato che lo indurrà ad avere corretti comportamenti sociali: (“Dobbiamo aspettare il nostro turno per bere dalla fontana”. “Dai la palla a Maria perché è il suo turno ora.” “Non si alza la voce quando siamo in biblioteca.” “Dì alla maestra Luisa che hai bisogno di un fazzoletto”.
- Con mio figlio Ares abbiamo adottato la tecnica: “Ares, porta questa matita a Camilla”. Oppure, “Ares, potresti dare un pezzetto della tua pizza a Claudia?” “Porta questo diario a Matteo”. O viceversa. Camilla veniva da Ares a dargli la matita ed Ares ringraziava, pronunciando anche il nome: “grazie, Camilla”. Se Ares tentennava perché non sapeva di quale compagna/o si trattasse, gli si rivolgeva la domanda: “Dov’è Camilla? Dov’è Claudia?” (aiutando). E i compagni alzavano la mano oppure si facevano notare dicendo: “Eccomi”. Nel giro di poco tempo Ares sapeva benissimo il nome della maggior parte dei compagni di classe alla scuola primaria.
- Cerca di trovare un gruppo di allievi che abbiano la stessa passione del bambino autistico: informatica, matematica, scienze, musica. Alcuni bambini autistici eccellono in molte aree, ma tutto ciò non sempre è condiviso con i compagni. Questo è un ottimo modo per far vedere agli studenti normo tipici che i bambini autistici non sono così diversi da loro e anzi, hanno molto da offrire.
- Spesso l’interazione fra due bambini (uno autistico e uno normo tipico) si blocca, subisce una specie di “tempo morto” a causa della scarsa capacità di comunicazione del bambino autistico. In questo caso la triade (aggiunta di un terzo bambino) potrebbe incrementare la comunicazione fra tutti.
- Per ridurre al minimo i momenti di crisi durante l’interazione con i coetanei, ricorda di lavorare contemporaneamente su altri fronti: ridurre l’ansia usando agende visive, utilizzare storie sociali per fornire indicazioni e insegnare abilità sociali, esercitare interazioni “appropriate” (chiedere aiuto, avviare e facilitare le interazioni con i coetanei). Lavoro sui sentimenti, emozioni e linguaggio del corpo.
- Ritengo essenziale la comunicazione continua anche con la famiglia. Qualsiasi tipo di lavoro sulla socializzazione va generalizzato in altri ambienti, e la famiglia è determinante in questo frangente: con Ares, ad esempio, abbiamo lavorato a casa sulle regole dei giochi più divertenti (nascondino, gioco dell’oca) per poi proporli in classe, con i compagni. Inoltre, spesso invitavo a casa i bambini “aiutanti” della classe con i quali si era stabilita un’empatia. Facevamo giochi a turno, puzzle, ecc. Sempre sotto la mia supervisione o quella della terapista.
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Ricorda che i pari devono essere elogiati e incoraggiati quando interagiscono con gli studenti autistici. E ricorda anche che la parte più debole e difficile del processo di interazioni fra ragazzo autistico e normo tipico è mantenere la relazione in seguito. Quindi bisogna lavorarci sempre.
Il supporto tra pari soddisfa una varietà di funzioni ed è una strategia necessaria per aiutarci a raggiungere le molteplici esigenze del bambino autistico. I benefici del sostegno tra pari sono incommensurabili. L’elemento più importante è che le persone normo tipiche diventano cittadini più informati e tolleranti. A loro volta, i bambini autistici si sentono molto più a loro agio in classe e consolidano relazioni che possono poi diventare nuove amicizie.
Vi lascio a questo video dove Ares gioca con Matteo, il suo amico “aiutante” in un classico del gioco a turno: (il Memory) a casa, con la terapista Giorgia.