Autismo. 10 strategie per imparare i nomi dei compagni di classe…e non solo.

 

Bambini e adulti autistici (a seconda della gravità) hanno difficoltà a comunicare con gli altri; quindi, possono avere pochi amici, oppure nessuno. Il bambino autistico può evitare il contatto con i compagni di classe, e, a sua volta, i compagni di classe non riescono a costruire una relazione o un’amicizia perché non capiscono alcuni comportamenti del bambino autistico.

Una delle prime e più importanti regole per creare una relazione con gli altri è conoscere il nome del proprio interlocutore e, a volte, futuro amico. Sovente, alcuni allievi autistici trascorrono l’intero periodo scolastico senza mai sapere il nome dei propri compagni. 

 

Sono tantissime le tecniche che possiamo adottare in classe oppure a casa (quando invitiamo dei bambini) per far sì che i nostri figli o allievi autistici imparino il nome dei propri compagni di classe, e possano creare, quindi, la base di una futura amicizia: 

  1. Spiega ai bambini della classe le caratteristiche del bambino autistico: “ad alcuni bambini autistici non piace guardare negli occhi, quindi non è che sono scortesi”, “ad alcuni bambini autistici non piace essere toccati troppo”, ecc. 
  2. Insegna ai bambini normo tipici a salutare il bambino autistico, (per nome) e all’allievo autistico a rispondere. Insegna ai bambini normo tipici anche a fargli i complimenti, nel caso sia necessario, sollecita sempre il bambino autistico a dire: “grazie” (nome)!
  3. Siedi il bambino autistico accanto ad un bambino normo tipico che abbia dimostrato di essere un buon “aiutante”, e siedi entrambi nel primo banco, in modo di poter controllarli meglio. Alla maggior parte degli studenti piace essere “aiutanti”. Spesso questo ruolo importante dà loro un senso di orgoglio.
  4. Accoppia il bambino autistico con un compagno di classe mentre camminano per il corridoio, mentre si gioca nel parco e durante qualsiasi altro tempo non strutturato. Scegli uno studente fidato che lo indurrà ad avere corretti comportamenti sociali: (“Dobbiamo aspettare il nostro turno per bere dalla fontana”. “Dai la palla a Maria perché è il suo turno ora.” “Non si alza la voce quando siamo in biblioteca.” “Dì alla maestra Luisa che hai bisogno di un fazzoletto”.
  5. Con mio figlio Ares abbiamo adottato la tecnica: “Ares, porta questa matita a Camilla”. Oppure, “Ares, potresti dare un pezzetto della tua pizza a Claudia?” “Porta questo diario a Matteo”. O viceversa. Camilla veniva da Ares a dargli la matita ed Ares ringraziava, pronunciando anche il nome: “grazie, Camilla”. Se Ares tentennava perché non sapeva di quale compagna/o si trattasse, gli si rivolgeva la domanda: “Dov’è Camilla? Dov’è Claudia?” (aiutando). E i compagni alzavano la mano oppure si facevano notare dicendo: “Eccomi”. Nel giro di poco tempo Ares sapeva benissimo il nome della maggior parte dei compagni di classe alla scuola primaria.
  6. Cerca di trovare un gruppo di allievi che abbiano la stessa passione del bambino autistico: informatica, matematica, scienze, musica. Alcuni bambini autistici eccellono in molte aree, ma tutto ciò non sempre è condiviso con i compagni. Questo è un ottimo modo per far vedere agli studenti normo tipici che i bambini autistici non sono così diversi da loro e anzi, hanno molto da offrire.
  7. Spesso l’interazione fra due bambini (uno autistico e uno normo tipico) si blocca, subisce una specie di “tempo morto” a causa della scarsa capacità di comunicazione del bambino autistico. In questo caso la triade (aggiunta di un terzo bambino) potrebbe incrementare la comunicazione fra tutti.
  8. Per ridurre al minimo i momenti di crisi durante l’interazione con i coetanei, ricorda di lavorare contemporaneamente su altri fronti: ridurre l’ansia usando agende visive, utilizzare storie sociali per fornire indicazioni e insegnare abilità sociali, esercitare interazioni “appropriate” (chiedere aiuto, avviare e facilitare le interazioni con i coetanei). Lavoro sui sentimenti, emozioni e linguaggio del corpo.
  9. Ritengo essenziale la comunicazione continua anche con la famiglia. Qualsiasi tipo di lavoro sulla socializzazione va generalizzato in altri ambienti, e la famiglia è determinante in questo frangente: con Ares, ad esempio, abbiamo lavorato a casa sulle regole dei giochi più divertenti (nascondino, gioco dell’oca) per poi proporli in classe, con i compagni. Inoltre, spesso invitavo a casa i bambini “aiutanti” della classe con i quali si era stabilita un’empatia. Facevamo giochi a turno, puzzle, ecc. Sempre sotto la mia supervisione o quella della terapista.
  10. Ricorda che i pari devono essere elogiati e incoraggiati quando interagiscono con gli studenti autistici. E ricorda anche che la parte più debole e difficile del processo di interazioni fra ragazzo autistico e normo tipico è mantenere la relazione in seguito. Quindi bisogna lavorarci sempre.


Il supporto tra pari soddisfa una varietà di funzioni ed è una strategia necessaria per aiutarci a raggiungere le molteplici esigenze del bambino autistico. I benefici del sostegno tra pari sono incommensurabili. L’elemento più importante è che le persone normo tipiche diventano cittadini più informati e tolleranti. A loro volta, i bambini autistici si sentono molto più a loro agio in classe e consolidano relazioni che possono poi diventare nuove amicizie.

Vi lascio a questo video dove Ares  gioca con Matteo, il suo amico “aiutante” in un classico del gioco a turno: (il Memory) a casa, con la terapista Giorgia.

 

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