Yara è mia figlia, è la sorella minore di Ares, ed ha 4 anni meno di lui. Da quando è nata è segnata dall’autismo di suo fratello. Era nel mio grembo quando attendevo la Diagnosi di Ares fuori dal centro di Neuropsichiatria, e già da allora sono certa che subiva il mio stress.
Poi è nata, e dopo poco tempo, quando riusciva a stare seduta, Ares rimaneva tanti minuti con i suoi capelli in mano aspettando che qualcuno arrivasse per dirgli: “guarda Ares, che non devi tirare i capelli della sorellina”.
E fin qui, tutto quasi normale. Poi, crescendo, si è resa conto che non poteva giocare con suo fratello, e che ogni singola cosa doveva farla con lui urlando, o trascinandolo, a suo rischio e pericolo, perché Ares non apprezzava troppo le insistenze o le forzature, non sempre riesciva a esprimersi, di conseguenza spesso la sua difesa era aggredire.
Per anni Yara mangiava la cioccolata (vietata ad Ares per un periodo), di nascosto, era piccolissima, nemmeno 3 anni. Poi un giorno è arrivata la prima crisi di Ares, senza preavviso, da ragazzo mite a ragazzo “indemoniato” in pochi secondi, seduti sul divano, Yara alzò la voce per chiamarmi, ed Ares la afferrò di colpo strappandole la sua catenina preferita, e graffiandole il volto.
Da quel giorno, cercai di sdrammatizzare dicendogli che quando suo fratello aveva delle crisi lei poteva registrarlo, così da far vedere poi ai medici il filmato fatto da lei, che era importantissimo che stesse lontana e che registrasse. In realtà, nonostante Ares abbia davvero poche crisi all’anno, quando capita, gli dico sempre di sparire e di rinchiudersi in bagno. Non sempre riesco a misurare la rilevanza delle crisi di suo fratello e preferisco non rischiare.
Il suo primo tema a scuola è stato sull’autismo. Mi ha lasciata senza parole. La sua apertura mentale nei confronti della vita, dei rapporti umani, non ha eguali. Suo fratello è tutto per lei ed è certa che l’ha resa una bambina migliore.
Yara trova divertente avere un fratello autistico, e in realtà non ha torto: Ares sistema le bottiglie dell’acqua una dietro l’altra, in maniera maniacale, quando gli si chiede: “Ares dimmi una frase con la preposizione “un”, Ares risponde “un leone mastica”. Lei passa ore ed ore ad insegnare le tabelline a suo fratello, ed incredibilmente è l’unica che riesce ad instaurare con lui un discorso di mezz’ora, con una pazienza che ci sogniamo tutti, ed un modo tutto suo, quasi da terapista collaudata. Tutto ciò sin da piccola:
Cerco, nella misura del possibile, di rendere la sua vita normale, si invitano a casa le amiche, si va a cena, cuciniamo insieme, si fa tutto quello che è nelle mie possibilità per far sì che lei non senta troppo il peso dell’autismo. Ma in realtà la sua vita è anche l’autismo: quando esce prima dalla sua stanza perché bisogna fare la terapia, quando deve stare zitta e sparire perché Ares ha una crisi, quando viene chiamata 50 volte al giorno dal fratello senza un vero motivo e dopo un po’ si stanca e piange, quando si rende conto anche lei di essere cresciuta più del dovuto per fare da sorella maggiore a suo fratello, perchè di fatto Yara è oggi la sorella maggiore di suo fratello più grande!
Da un po’ di tempo abbiamo creato un barattolo della felicità, per segnarci tutti i momenti positivi della giornata:
E’ con Yara che abbiamo cominciato gli esercizi di stretching per la schiena, con pazienza e dedizione:
Ed è Yara la miglior terapista di Ares, quella che gli compra i giochi più motivanti, quella che gli insegna meglio cosa vuol dire “pranzo” o “cena” e che se non sa come fare si legge due, tre libri sull’autismo per capirlo.
E’ Yara che trova il tempo per scaricare le app più divertenti, così di far giocare Ares in maniera più appropriata con il tablet, ed è sempre lei che sta più attenta di tutti quando Ares esce dalla macchina, perchè a volt corre e potrebbe scappare.
Yara è commovente per quanto è responsabile. A volte vorrei che fosse più spensierata e mi sforzo, credetemi, ma l’autismo l’ha segnata, come segna sempre tutti i “siblings” (fratelli degli autistici)
Spesso ci chiede se ci saremo sempre io e suo padre. Io lo so che lo chiede perché lei, più di altri, ha paura del futuro, di come sarebbe la vita senza mamma e papà, e con Ares da accudire. Non vuole sapere del fatto che io e papà possiamo mancare, e la capisco bene. Anch’io so’ di essere costretta ad esserci sempre, perché il “dopo di noi” in Italia è ancora un miraggio, nonostante le timide leggi in proposito.
Mancano strutture adatte, luoghi dove un ragazzo come Ares possa riposare, divertirsi, vivere sereno la sua vita. Luoghi dove ci sia il personale adatto, dove non si picchi nessuno, non si diano psicofarmaci soltanto per una stereotipia o una crisi passeggera, posti dove si ami quel che si fa e si renda migliore la vita degli autistici.
Ecco, con Yara, nonostante i suoi 15 anni, lottiamo anche per questo, e continueremo a farlo fino alla fine.
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