Sono tanti i genitori che usano spesso o sporadicamente la punizione corporale nei confronti dei propri figli autistici. Le cause possono essere diverse: i bambini mostrano comportamenti aggressivi, autolesionisti, ossessivi, oppure incorrono in svariati e stressanti atteggiamenti di sfida.
La punizione fisica comporta l’uso della forza fisica con l’intenzione di indurre un bambino a provare dolore o disagio corporeo in modo da correggere o punire il suo comportamento. Questo include sculacciate, spinte, schiaffi o i conosciuti “scappellotti”, i quali vengono eseguiti con le mani o con l’ausilio di oggetti, percosse di vario genere, ma per alcune correnti di pensiero includerebbero anche gesti come strattonare, trattenere con forza o scuotere.
I genitori che adottano le punizioni corporali come metodo educativo spesso si riparano dietro alla frase “ti faccio male per il tuo bene”, oppure “siamo tutti sopravvissuti a qualche schiaffo dei nostri genitori, non è mai morto nessuno”. Infatti la maggior parte dei bambini picchiati quasi sempre finiscono picchiando anche loro.
In realtà sculacciare è un eufemismo per colpire. Non è permesso colpire il coniuge o uno sconosciuto; queste azioni sono considerate violenza. Perché quindi si dovrebbe essere autorizzati a colpire un bambino più piccolo, disabile e ancora più vulnerabile?
La punizione fisica è un metodo utilizzato dai genitori perchè interrompe subito il comportamento inadeguato. Quindi la punizione fisica può sembrare una soluzione rapida. Tuttavia, non è una soluzione a lungo termine e non è la strategia giusta per controllare i comportamenti di tuo figlio.
Per cominciare, la punizione fisica non insegna a tuo figlio come vuoi che si comporti. Ad esempio, se vuoi che tuo figlio smetta di correre dentro casa, potresti dire: “Non correre”. Ma sfortunatamente, tuo figlio potrebbe ancora non capire quello che vuoi. Se invece gli dici “cammina dentro casa”, stai comunicando ciò che ti aspetti. La punizione fisica, quindi, trasmette rapidamente il messaggio “non farlo”, ma non aiuta a indirizzare il bambino verso il comportamento giusto.
Basarsi su comportamenti positivi
Un approccio più positivo può aiutarti ad affrontare, sia i comportamenti sfidanti che ti hanno portato a usare la punizione fisica sia la successiva abitudine di tuo figlio a mettere in atto comportamenti problema. Suggerisco di iniziare basandosi sui comportamenti costruttivi mostrati da tuo figlio. Ad esempio, lodalo, dagli il cinque o qualche altro rinforzo positivo quando si comporta in maniera appropriata, quando non si fa male, quando non fa del male agli altri.
Usare, ad esempio, la token board, è utile per insegnare comportamenti positivi. Il bambino lavora per un premio che desidera e accumula man mano stelline (in questo caso) per ogni comportamento adeguato che mostra.
Se riesci a passare dalla punizione fisica al rinforzo positivo penso che vedrai tantissimi miglioramenti nel comportamento di tuo figlio.
Cerca anche di lavorare sul linguaggio, il quale è, senza dubbio, una delle cause più ricorrenti di crisi, autolesionismo e aggressività. Anche insegnare ad indicare un dolore può essere d’aiuto perchè molti bambini non sono in grado di comunicare uno specifico dolore fisico e reagiscono come possono. Pensateci bene: se a quel dolore, aggiungete pure una punizione corporale, uno schiaffo, dove magari fa mal di dente, una sculacciata, oltre che l’umiliazione del gesto, sicuramente aggiungete sofferenza e non risolvete nulla.
La situazione in Italia
Nel 2012 Save The Children ha lanciato, nell’ambito del progetto “Educate, do not punish” finanziato dalla Commissione europea, la campagna “A mani ferme – Per dire no alle punizioni fisiche nei confronti dei bambini”.
In occasione della campagna, l’associazione ha diffuso i risultati di un’indagine statistica commissionata ad IPSOS , da cui è emerso che più di un quarto dei genitori italiani ricorre allo schiaffo, qualche volta al mese (22 per cento) o quasi tutti i giorni (5 per cento). A questi si aggiunge un 49 per cento che lo utilizza eccezionalmente. Un quarto delle madri e dei padri italiani, più in generale, ritiene comunque che la sculacciata abbia una valenza educativa.
Le punizioni corporali, inclusa la cosiddetta sculacciata, sono una pratica deleteria, oltre che vietata in modo esplicito dalla legge, anche in ambito domestico, in 55 paesi del mondo (in Italia le punizioni fisiche sono vietate espressamente in ambito scolastico e nell’ordinamento penitenziario, ma non in ambito familiare). Lo hanno appurato negli anni numerosi studi condotti in ambito psicologico e pediatrico da vari soggetti autorevoli (come l’Australian Psychological Society, la Canadian Pediatric Society e l’American Academy of Pediatrics), secondo i quali punire fisicamente i bambini incide in modo negativo sullo sviluppo neurologico, cognitivo, emotivo e sociale, e in qualche caso anche sulla salute fisica.
In 37 paesi è proibita la punizione fisica in tutti gli ambienti, compresa la casa. Tra questi paesi ci sono Svezia, Germania, Spagna, Grecia e Venezuela. Più di 100 paesi hanno vietato le punizioni fisiche nelle scuole. Negli Stati Uniti, la punizione fisica nelle scuole è ancora legale in 19 stati.
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