E’ da qualche tempo che indago su questo argomento.
Ares, ogni tanto (più in passato che ora) scoppia in un pianto apparentemente immotivato, che a volte dura qualche minuto, a volte cinque minuti, a volte mezz’ora. Ovviamente alla domanda: “perchè stai piangendo?”, la risposta è il silenzio!
In alcuni casi tendo a valutare il contesto in cui piange. Ad esempio se piangeva appena tornato da scuola, chiamavo subito i docenti e cercavo di capire se si era particolarmente stressato a scuola, se era successo qualcosa di inconsueto, se erano stati introdotti argomenti nuovi nella didattica. Oppure sentivo gli operatori del pulmino, che lo riportavano a casa, e cercavo di individuare, ad ogni modo, una possibile causa esterna.
In altri casi, mettendo insieme più elementi (se è raffreddato, se è caldo, visibilmente stanco, ecc.) pensavo magari ad una malattia in arrivo, ad un possibile mal di testa, di pancia ecc.
Ci sono anche pianti che arrivano subito dopo una crisi (ha fatto male a qualcuno, graffiato me o la sorella, il tutto senza totale consapevolezza), ma immediatamente dopo una crisi, Ares scoppia in un pianto disperato (chissà se per senso di colpa o semplicemente come valvola di sfogo), fino a che poi, piano piano, torna ad essere come sempre.
Il problema vero si pone quando la crisi di pianto è apparentemente ingiustificata. Ad esempio, piange mentre cena a casa, oppure mentre gioca, oppure mentre è al ristorante per mangiare la sua pizza preferita, oppure mentre sta sul letto o sul divano a riposare. In quel caso diventa davvero difficile individuare la causa.
Alcune delle tante cause che possono innescare una crisi di pianto sono:
- La noia, le crisi sono più probabili se è annoiato/a
- La consapevolezza della propria condizione: a seconda dell’età del bambino (diciamo che già a partire dai circa 8 anni), un bambino potrebbe essere perfettamente consapevole della sua condizione di autistico, delle sue limitazione nei confronti del linguaggio, delle cose che fa nella vita quotidiana. E ciò potrebbe fargli scatenare veri e propri crolli nervosi, soprattutto per l’impossibilità di esprimersi.
- I ricordi: a volte i nostri figli hanno ricordi che li provocano pianto! Che siano verbali o poco verbali, spesso, si hanno conferme di crisi di pianto motivate dai ricordi, da momenti vissuti brutti e anche belli.
- Bullismo. Non scartare mai questa ipotesi. Un bambino autistico che subisce la prepotenza di altri, non sempre riesce ad esprimersi in maniera consona e sei TE, genitore, che devi cercare di capire se è stato lasciato da solo a scuola, sentire i compagni di classe, indagare, ecc.
- La regolazione emotiva, saturazione, sovraccarichi sensoriali, in qualunque modo lo si chiami, è una strada possibile. Stress, pensieri spiacevoli, l’assenza temporanea di una figura importante (padre, madre). La voglia di fare qualcosa che non si riesce a fare (andare a sciare, al mare, ad un luogo preferito, una promessa che le avete fatto e che non avete mantenuto). Segnalo anche l’emozione: la felicità, l’allegria. Ad Ares è capitato di piangere durante un festeggiamento del compleanno in classe. QUI trovate il video.
- Crisi epilettiche, nella sua forma più semplice può presentarsi con spasmi, pianti, movimenti involontari. Non sottovaluterei questa ipotesi, onde evitare crisi ulteriori.
Cosa fare?:
- Le storie sociali possono aiutare ad esprimere pensieri oppure a modulare comportamenti
- Cercate di coinvolgere vostro figlio in attività fisiche che lo aiutino a liberare energia, come una passeggiata, il giardinaggio, lo sport o tutto quello che lo aiuti ad impegnarsi fisica e mentalmente
- Fate un’analisi funzionale di tutte le situazioni in cui avviene la crisi, per delineare i contesti: cosa stava succedendo quando ha cominciato a piangere, se mangiava: cosa mangiava, qualcuno urlava attorno? TUTTO!
- Io consiglio sempre, se possibile, di fare un video delle crisi, in modo di guardarle poi, insieme, e di parlarne.
- I bambini e gli adolescenti, anche normo tipici, hanno bisogno di stare il più possibile all’aperto per scaricare le energie. Nel caso degli autistici accertatevi che però frequentino luoghi non troppo rumorosi, ma silenziosi, immersi nel verde, senza troppi bambini che urlino o fischietti che suonino, oppure campane, ecc. ecc.
- Se non avete mai sottoposto vostro figlio/a ad un elettroencefalogramma, penso sia ora di farlo, soprattutto se le crisi sono continue. Meglio prevenire.
- Cercate di distrarlo (come faccio nel video) indirizzandolo verso altre attività concrete (“giochiamo con la schiuma in bagno”, “indossiamo i calzini”, “prendimi, per favore, il camion rosso in camera tua”, “dammi il telecomando”) insomma, qualunque distrazione possa farlo tornare alla realtà
- Mai alzare le mani su vostro figlio, mai alzare la voce, mai reagire violentemente, potreste semplicemente frustrarlo ancora di più o peggiorare la situazione. Se siete sicuri di ottenere una risposta, fategli domande, altrimenti, lasciatelo stare, standogli vicino, ma senza invadenza alcuna. Piano piano la crisi passerà.
La testimonianza di una madre autistica con due figlie autistiche: Francesca Ferrari, grazie!!
“Una cosa, che mi confermò il NPI (non avevamo ancora una diagnosi, l’ipotesi su mia figlia era bipolarismo o comunque un disturbo dell’umore), è importante (per tutto eh, che siano NT o ND), soprattutto quando sono piccoli, è non chiedere “perché piangi?” ma eventualmente per capirlo e farlo capire al bimbo fare ipotesi: “piangi perché ti è successo qualcosa a scuola? Litigato? Sei preoccupato? ecc…”.
Questo perché i bimbi non è detto che sappiano perché piangono e se non lo sanno si sentono stupidi.
Altra cosa, che spesso si fa, anche questa per abitudine socialmente appresa, è dire cose tipo ” Dai non fare così… Non è un buon motivo per piangere…” Si insinua così il senso di essere sbagliato, il senso di colpa, un po’ come quando ad un depresso gli si dice “dai tirati su’, esci, divertiti!!” (…e grazie…! Se ci riuscivo non ero depresso) L’espressione di uno stato d’animo non è mai sbagliata e non va fatta pesare, il problema è il disagio nostro che dobbiamo aiutare e non sappiamo come, non la manifestazione di quel sentimento o stato d’animo.
Detto ció…
La disregolazione emotiva ci pone sulle montagne russe, un bel ricordo può suscitare pianto… Figurati un ricordo malinconico.
Mia figlia più grande è molto autistica in questo, nel senso che la “atipicità” di funzionamento l’ha colpita soprattutto in questa sfera (appunto si pensava fosse bipolare) tanto da rientrare in un disturbo dell’umore vero e proprio
Piangeva per gioia? No! Piangeva perché quella gioia si trasformava in panico, o paura di perdere la mamma, si trasforma in tristezza, ansia. Ci abbiamo messo circa 8 anni a capire che una forte emozione si mutava, in tempo zero, in tristezza o paura.
Per il pianto dopo le crisi, si! può (a me succede), stress a parte, sentire senso di colpa e inadeguatezza. Può essere verso gli altri ma lo è tanto anche verso se stessi, come se una parte di noi avesse tradito noi stessi (di fatto è così!) Altra cosa, dopo una crisi, ci può essere in sé uno stato depressivo che fa comunque parte del meltdown, qualcuno lo cataloga proprio come “meltdown depressivo”
I ricordi… Di norma un ricordo ha alcuni aspetti sbiaditi, tra cui le emozioni, cioè ti ricordi come stavi ma mica si rievoca come sentimento attuale.
Quando ho un ricordo (non per tutti eh) è totale, minuzioso, non solo i fatti accaduti, con con un distaccamento di quelle che erano le emozioni, no. Oltre a ciò che si è visto, detto, ecc… ma anche gli odori, la percezione dell’ambiente, tutto minuzioso lo rivivi come se lo vivessi in quel momento… e anche le emozioni (belle o brutte che fossero)
… e se erano belle ci sta che poi arrivi la depressione perché sono “un ricordo” e non attuale.
D’inverno potevo piangere davanti ad un piatto di minestrone perché mi evocava il minestrone che mangiavo in vacanza e nella mia testa, dopo aver sentito il profumo di quel minestrone in vacanza, risentito le cicale del campeggi, i profumo dei campi attorno, il profumo dei pinoli nelle pigne, il vociare della vita del campeggio (adoravo il campeggio), la sensazione di libertà perché stavo sempre solo in costume e manco le ciabatte mettevo (nonostante abbia pestato varie volte mozziconi di sigaretta accesa)
Ma BAM! non sei mica in campeggio… sei in cucina… Ma vaaaaaaa!!! Come faccio a non piangere!
E successo che, invece di malinconia, mi abbia scaturito rabbia (ho avuto problemi familiari importanti) e sia passata, con mia madre, in una frazione di secondo dalla modalità “chiacchieriamo” a rinfacciarle cose di 30 anni fa. Magari per una parola, parola che ha aperto tutta un’altra situazione nella mia testa e rievocato sentimenti come se li stessi vivendo in quel momento.
(… 😏 si mi sa che, nonostante fossi una bimba “brava” son stata una bella fonte di frustrazione per mia madre.”
2 commenti