Autismo e automedicazione

 

Ieri Ares mi ha portato un blister di Tachiprina. E’ la prima volta che capita da quando gli ho insegnato a riconoscere le principali medicine da banco.

I medicinali da banco o da automedicazione sono composti da un sottogruppo di medicinali non soggetti a prescrizione medica, ossia tutti quei farmaci che, per la loro composizione e il loro obiettivo terapeutico, sono concepiti e realizzati per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza nel corso del trattamento. 

E’ un bene che Ares abbia associato il farmaco al presunto mal di testa che lui diceva di sentire, ma, come sempre, rifletto su ogni gesto dei miei figli e mi sono chiesta: e se avesse deciso autonomamente di prenderla? Quante ne avrebbe preso? E me l’avrebbe detto?pexels-photo-3683098

L’automedicazione è un arma di doppio taglio

Spesso, persino gli adolescenti normo tipici, non riescono a regolarsi con la quantità di pasticche da prendere oppure non sono consapevoli del fatto che una medicina non è mai inoffensiva. Yara, ad esempio, la sorella normo tipica di Ares, prenderebbe una pasticca per ogni dolorino banale al braccio, alla coscia, alla pancia… L’insegnamento dell’automedicazione in sicurezza non è, purtroppo, un argomento scolastico e ciò che i ragazzi conoscono sui farmaci da banco lo apprendono dai media oppure da altre persone.

Ai nostri figli, invece, l’automedicazione andrebbe insegnata, come quasi tutto, del resto, ma a noi non basta insegnare che la Tachipirina toglie il mal di testa e che l’Imodium è per la diarrea. Noi dobbiamo andare oltre ed è lì che diventa tutto più difficile.

  • Con alcuni ragazzi nello spettro possiamo anche approfondire sul perchè compriamo un farmaco piuttosto che un altro (si tratti di prezzo, di efficacia, ecc)
  • E’ essenziale scegliere i farmaci che insegneremo ad usare ai nostri figli in base anche agli effetti collaterali, sia che prendano psicofarmaci oppure no.
  • Il prospetto informativo di ogni farmaco andrebbe letto e studiato insieme ai nostri figli, soprattutto per quanto riguarda le dosi. Nostro figlio deve sapere che, laddove non ci sia nessuno a spiegarlo, là dentro, nella confezione, c’è scritto quante gocce o quante pasticche bisogna prendere al giorno.
  • La pubblicità sembra incoraggiare l’assunzione di un farmaco per ogni malessere, anche minimo. I nostri figli devono invece sapere chiaramente che il farmaco si prende veramente quando serve e, preferibilmente, dopo aver consultato un medico.pexels-photo-3873214

Rischi dell’automedicazione:

  • Sovradosaggio
  • Interazione con altri farmaci
  • Automedicazione eccessiva (quando non esiste una vera causa per assumere il farmaco)
  • Assunzione del medicamento oltre la data di scadenza

 

Come ho fatto con Ares?

Ad Ares ho insegnato a cosa servono alcuni medicinali, quelli veramente essenziali.

Premettiamo che Ares non soffre di particolari patologie (epilessia, allergie varie), non si ammala quasi mai e di conseguenza, in caso di un mal di testa, io penso che davvero lui possa prendere una Tachipirina, o simile e la storia finisce lì. Lo stesso vale per la Melatonina, se non riesce a dormire, ecc.

Ci sarebbe invece, da stare molto più attenti, nel caso di ragazzi che soffrono di malattie importanti, le quali implicano dosaggi al millilitro, altrimenti la somministrazione diventa un vero rischio per la propria salute.

Oltre all’insegnamento delle medicine essenziali e a cosa servono, Ares ha il numero del medico di famiglia nel suo cellulare, in lettere maiuscole, e sa che, nel caso senta un dolore, può cliccare su quel numero e il medico offrirà qualunque sostegno.

Anche il mio medico di famiglia ha il numero di Ares e, ogni volta che Ares si assenta per gite scolastiche o soggiorni estivi, lascio alla mia dottoressa i numeri principali di assistenti, professori, numero di telefono dell’albergo dove alloggia ecc. Si tratta di una misura necessaria, in quanto potrebbe accadere che Ares chiami sì la dottoressa, ma che poi non riesca a spiegare come si sente, cosa gli è successo, ecc, ecc.

Per ora non ho creato una vera e propria agenda visiva per l’automedicazione, non vedo che per ora ce ne sia bisogno. Sono però molto attenta a continuare l’insegnamento delle medicine da prendere in caso di malesseri lievi, soprattutto quando è Ares a soffrirne. Quindi, come nel caso dell’insegnamento per indicare un dolore, ogni qualvolta Ares non riesce a dormire, andiamo nell’armadietto insieme, e gli dico: “Cosa devi prendere?: – La melatonina. – Perfetto, prendene una!”

Conclusione:

Come tutte le abilità, che riguardano l’indipendenza e l’autonomia, anche l’automedicazione dovrebbe essere insegnata ai nostri figli, ma, trattandosi di medicinali che hanno, come ogni farmaco, effetti collaterali, trattandosi quindi di vero rischio per la propria salute, sarebbe meglio indicare sempre e comunque la risorsa del medico di riferimento come primo baluardo nel caso di malesseri fisici.

Prima noi genitori, poi il medico, poi un parente, poi un amico …

Nel futuro dei nostri figli, l’automedicazione rimane una delle tante cose da supervisionare continuamente nel caso di coabitazione con pari. Esistono alcune abilità che possono fare a meno del controllo degli altri, ma l’automedicazione non è fra queste.