Hai mai chiesto a tuo figlio o studente cosa ha fatto lo scorso fine settimana e hai ricevuto come risposta uno sguardo vuoto? E gli hai mai chiesto cosa ha fatto a scuola? Nel caso ti abbia risposto, pensi che tuo figlio sia stato preciso?
Persino i ragazzi con più linguaggio nello spettro hanno a volte difficoltà a comunicare le loro esperienze. Sia che tu chieda cosa hanno mangiato a pranzo ieri, o che tu chieda di raccontare del loro viaggio a Disneyland, oppure di un litigio avuto a scuola, molte persone autistiche ti guarderanno come se non capissero, oppure ti diranno qualcosa ma non saprai, con certezza, se dicono la verità.
Perchè è così difficile?
Essere in grado di comunicare esperienze è davvero difficile per i nostri ragazzi per un’infinità di ragioni. Per raccontarti della loro giornata, devono:
- ricordare gli eventi accaduti
- metterli in ordine
- avere il vocabolario ricettivo ed espressivo sull’attività
- usare le parole giuste per raccontarle
- formulare una narrazione per mettere in relazione gli eventi
- regolare le emozioni che li hanno coinvolti nei fatti accaduti
- … e sono sicura che ce ne sono altri.
Se si tratta di ragazzi che usano la comunicazione aumentativa, devono avere il vocabolario programmato per poter parlare di quello che è successo.
Ammettiamolo, gran parte della nostra comunicazione quotidiana consiste nel raccontare agli altri eventi accaduti in giornata oppure di recente. Ci piacerebbe quindi che anche i nostri figli e studenti imparassero a raccontare qualcosa.
Quindi, cosa possiamo fare a riguardo?
- Inizia in piccolo: non cominciare chiedendo “com’è andato il tuo viaggio a Disneyland”. Sarebbe troppo, troppe informazioni, troppe emozioni. Inizia chiedendo cosa hai mangiato a pranzo, fallo 20 minuti dopo aver finito il pranzo, in modo che i ricordi siano freschi.
- Non iniziare con i sentimenti, inizia con i fatti. Non chiedere “come ti sei sentita oggi quando hai visto il film al cinema? Ma chiedi piuttosto: “come si chiama il film che hai visto oggi? Le buone domande iniziali potrebbero essere:
Cos’hai mangiato a pranzo?
Con chi stavi giocando durante la pausa?
A cosa hai giocato con il tuo amico?
Con chi ti sei seduto sull’autobus?
Quale merenda hai mangiato a scuola?
- Inizia con domande dirette: Non dire: “com’è andato il tuo viaggio in treno?” Ma, “con chi eri seduto sul treno?” E’ più probabile che una domanda più specifica ottenga risposta. Man mano che i bambini crescono e migliora la loro comunicazione pensa ad usare domande che richiedono una risposta specifica, che sia diversa da “ok” o “bene”. Se chiedi “con chi ti sei seduto sull’autobus?” potresti ottenere una risposta con la quale costruire una possibile conversazione. Se chiedi “com’è andata la gita”, ti risponderà “bene” e sarà molto difficile parlarne di più.
- Imposta orari specifici, che diventano poi opportunità naturali per parlare del proprio vissuto: se sei un docente puoi farlo a inizio giornata oppure alla fine. Sono entrambi momenti perfetti per parlare con i tuoi studenti. Nel caso di Ares, io gli chiedo sempre cosa ha fatto appena arrivato da scuola. Oramai è una nostra abitudine. Ares rimane ancora usa un tono “piatto” nella sua intonazione, ma ha imparato, tramite il Think it ed altri esercizi sul linguaggio, ad inserire tantissimi elementi di collegamento nel suo racconto. Guardate qui:
- Usa supporti visivi: Quando ho cominciato ad insegnare il racconto ad Ares, si è resa necessaria la collaborazione stretta con la scuola. Io facevo fotografie di quello che Ares aveva fatto a casa e l’insegnante di sostegno faceva foto di quello che Ares faceva a scuola. Ciò rendeva più semplice il racconto di Ares perchè l’immagine supportava quello che doveva narrare. Tramite le fotografie e le informazioni che ci scambiavamo con il docente, entrambe sapevamo cosa era davvero accaduto, e quindi riuscivamo ad aiutarlo in maniera più adeguata. È difficile aiutare a comunicare qualcuno se non sai cosa sta cercando di dirti.
- Usa il calendario visivo per raccontare la giornata: è anche nostra abitudine raccontare la giornata attraverso il calendario che ho sempre appeso al muro dentro casa. Nulla di più efficace per “vedere” in maniera concreta tutto quello che accadrà: dal risveglio al pranzo, all’ora di terapia, al calcio, al momento di apparecchiare, cenare, a quello poi di dormire.
Aggiornamenti: Ultimamente per aumentare il linguaggio, oltre al Think it, di cui vi ho parlato sopra, abbiamo introdotto il Talking in sentences
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