L’importanza di creare armonia a scuola

 

Mia madre mi ha sempre detto: “Non litigare mai a scuola dei tuoi figli, perché è la loro seconda casa”. Ed è un pensiero che mi sono sempre portata dietro, anche fuori da Cuba. Mai avrei immaginato di dover mettere in pratica più volte quel pensiero da quando ho un figlio autistico.

Dal momento in cui mi è arrivata la diagnosi di Ares ho sempre cercato di mantenere un equilibro sano fra fermezza e allegria, fra tenerezza e rigore, cercando, da una parte, di dimostrare alle istituzioni che non sono una sprovveduta, ma dall’altra mediando e cercando di mantenere la calma che genera poi l’armonia necessaria.IMG-20160608-WA001

A volte diventa davvero difficile restare calmi o essere disponibili nei confronti degli altri perché sovente vengono calpestati i nostri diritti. Ma quando capita qualcosa di rilevante, semplicemente non mi scompongo, prendo il PC, scrivo una lettera al Dirigente Scolastico, oppure mi è capitato di scrivere persino al Sindaco, esponendo i miei problemi. Le lettere che scrivo non sono mai consegnate a mano da nessuna parte, ma le faccio protocollare nell’ufficio apposito del Comune e le invio alla persona interessata e Per Conoscenza anche ad altre figure, in modo che non si possa, in nessun modo, ovviare ad una risposta. Finora ha sempre funzionato.

Tuttavia, sia con le maestre, e poi con i professori delle Medie e del Liceo, così come RECICLO 2012 (1) 010 con i compagni di classe di Ares e i loro genitori, ho cercato sempre di mantenere un rapporto di sana collaborazione, propiziando il più possibile momenti di incontro e serenità.

Per prima cosa, faccio una lettera a inizio anno scolastico. SERVE! I ragazzi della classe e i loro genitori devono sapere che tuo figlio è autistico, devono conoscere i suoi gusti, cosa gli piace. Non lo dirà mai tuoi figlio se non lo fai tu per lui. E’ fondamentale conoscere per poter includere.

Quando posso, organizzo feste senza motivo, cene, così da confrontarmi e stare insieme DSCI0039agli altri come una madre normale perché SONO una madre normale. Spesso e volentieri mi sono resa conto che l’equilibro in una classe di 20 ragazzi a volte viene meno, e soltanto io, madre del disabile, sono spesso riuscita ad accomunare intenti, a far tacere pettegolezzi, insidie interne e a far riacquistare l’allegria agli altri.

Vi racconto un particolare aneddoto: alle Medie ho avuto (fra le tante) un’insegnante di sostegno di quelle che io definisco border line, una persona ambigua, ma apparentemente carina e disponibile. Per un periodo andò in malattia e fu sostituita da un’altra. Quest’altra era evidentemente una persona senza la benchè minima preparazione, ma mi sembrava onesta e trasparente. Presto però, i compagni di classe di Ares cominciarono a dirmi che questa sostituta trattava male Ares, che minacciava di non dargli la merenda se non finiva il compito e che gli diceva frasi del tipo: “se non finisci il compito non andrai in finestra”. Insomma ai ragazzi non piaceva come trattava Ares.

All’inizio ascoltai ognuno dei ragazzi, aspettai una settimana, i loro pareri restavano gli stessi e alla fine decisi di andare alla Polizia per avere una consulenza. Una volta che mi sono chiarita le idee tornai a casa a fare i compiti con Ares. Appena Ares si è seduto a lavorare mi chiese di andare al bagno a fare pipì. Sapevo che era un diversivo per non fare i compiti (a volte lo fa), quindi gli dissi: “Ares no, niente bagno adesso, ci vai dopo, ora facciamo un esercizio”. E fu lì che mi si accese la lampadina: e se i ragazzi della classe mi sentivano dire quella frase cosa avrebbero pensato? Probabilmente che non lo faccio andare al bagno quando vuole, che lo tratto male, che gli impedisco di fare i suoi bisogni.

In realtà quello che i ragazzi mi indicavano come maltrattamento in classe, si trattava semplicemente della maniera con cui la sostituta insegnante provava a farsi rispettare da Ares. La docente di sostegno (quella in malattia) come sospettavo non lo teneva mai in classe (poi scoprì dove lo teneva), mentre la sostituta, appena arrivata, lo faceva stare in classe sempre. Di conseguenza quelle frasi: “Ares, se non fai il compito non ti porto in finestra“, oppure “se non finisci Matematica non farai la merenda” ai ragazzi della classe, non abituati affatto a vedere e capire come convincere un allievo autistico a lavorare, risultavano terribili.

Mi resi quindi conto che la sostituta era sì una docente con pochi strumenti, incapace di insegnare ad un alunno con le difficoltà di Ares, ma di sicuro non lo maltrattava. La colpa in realtà era della docente di sostegno (quella in malattia), che teneva sempre Ares fuori dalla classe e non consentiva ai compagni di conoscere bene Ares e il suo autismo. Così andai dalla Preside, le raccontai esattamente quello che vi ho raccontato a voi e chiesi immediatamente la sostituzione, che, in pochi giorni, fu realtà.

Vi ho raccontato tutto questo per far capire quanto, spesso, si è di fronte a situazioni delicate quando si tratta di figli autistici e agire in maniera adeguata senza perdere le staffe è di vitale importanza. Nulla di tutto quello che ho esposto qui, ovviamente, ha a che fare con eventuali evidenti segni di violenza fisica o psicologica, molto frequenti nelle nostre scuole o centri specialistici e dinanzi ai quali, io, di sicuro, non avrei nessuna pietà. Altroché lettere…

Infine ricordate: non bisogna isolarsi, MAI, anzi, è imprescindibile invitare i compagni diIMG_20170221_1544247 classe, salutarli fuori dalla scuola, cercare di rimanere al corrente, per quanto possibile, della loro vita, del loro programma, dei loro voti. Il fatto che tuo figlio sia disabile e abbia un programma personalizzato, non significa che ti debba disinteressare degli altri, sono i compagni di tuo figlio, stanno con lui quasi tutto il giorno, anche e soprattutto da loro dipende che tuo figlio stia meglio o peggio in classe.

Nella misura in cui tu accogli i compagni normo tipici di tuo figlio e li comprendi, loro riusciranno ad accogliere e a comprendere tuo figlio, non è soltanto un compito della scuola, è anche un compito nostro.