Quando un bambino o un adulto autistico inizia ad agire in maniera aggressiva, urla, buttandosi per terra o alzando le mani quando gli si toglie un oggetto, quando gli si nega qualcosa, quando a scuola deve condividere un gioco, è arrivato il momento di lavorare sulle emozioni.
Per prima cosa inizierei con il riconoscimento delle emozioni essenziali: arrabbiato, felice, triste, spaventato. Una volta superata questa fase, serve aiutare la persona a riconoscere questi stati emotivi magari mettendolo alla prova, propiziando momenti che possono essere usati per insegnare a riconoscere un’emozione di rabbia piuttosto che di felicità.
Si possono anche presentare immagini di situazioni in cui la persona deve capire com’è il protagonista della foto, se è arrabbiato oppure triste. Contemporaneamente serve offrire alternative consone che possano supplire alla violenza.
Ad esempio, si può creare una storia sociale dove si spiegano soluzioni diverse. Una persona che prima alzava le mani perchè gli da fastidio un rumore forte, ora sa che può: allontanarsi se sente fastidio, prendere le cuffie e continuare a fare quello che stava facendo, oppure chiedere che venga abbassato il volume. Un bambino che prima picchiava ogni volta che era stanco in classe, ora sa che può chiedere una pausa, oppure la merenda, oppure di andare al bagno.
Con Ares abbiamo iniziato a lavorare anche con il misuratore del Cat Kit, uno strumento che in una scala da 0 a 10 visualizza l’intensità di un’emozione o la sfumatura semantica all’interno di una stessa categoria di emozione. Quindi Ares ha imparato a riconoscere quando vale la pena arrabbiarsi tanto e quando meno. Questo lavoro delicatissimo e difficile sulle emozioni va mantenuto sempre nel tempo perchè le persone crescono e quindi cambiano, di conseguenza anche le emozioni si evolvono. Inutile dire che se questo lavoro si inizia presto, si arriva all’adolescenza molto, ma molto più sereni.
la foto di copertina è di Pexels
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