Il 30 per cento dei bambini autistici soffre di Pica o Picacismo, un disturbo dell’alimentazione che spinge a mangiare oggetti che non sono commestibili e sostanze che non hanno alcun valore nutritivo, come il gesso, la stoffa, la cenere, la sabbia, il ghiaccio.
Questo disturbo rappresenta un autentico pericolo perché può provocare soffocamento, infezioni parassitarie, avvelenamento da piombo e problemi seri all’apparato digerente, tutto ciò verrebbe ad intaccare un sistema immunitario e digestivo spesso fortemente compromesso.
Il disturbo può essere diagnosticato se l’abitudine perdura per più di un mese a un’età nella quale questo comportamento è dal punto di vista evolutivo inappropriato, generalmente in bambini più grandi di 18-24 mesi.
Alla base di questo pervertimento dell’appetito vi è quasi sempre un’anemia da carenza di ferro, e il disturbo regredisce con la correzione della carenza. A volte nei bambini è il sintomo di una parassitosi intestinale o di una malattia celiaca, che hanno sempre come conseguenza un disturbo del metabolismo del ferro e di altri minerali. Più raramente, il picacismo è l’espressione di un disturbo ossessivo-compulsivo; esso è riconosciuto dal DSM-IV come un disturbo mentale. Nei bambini la sua evoluzione può a volte esser complicata da problemi intestinali (occlusione, parassitismo) e da intossicazioni, per esempio nel caso d’ingestione di materiali tossici, come vernici (saturnismo).
Le teorie presumibilmente dietro la Pica quindi sono due: una teoria nutrizionale e una teoria fisiologica. La teoria nutrizionale suggerisce che gli enzimi del cervello che regolano l’appetito, alterati da una carenza di ferro o zinco, innescano voglie specifiche. Tuttavia, gli elementi non alimentari di solito non soddisfano la carenza di minerali nel corpo della persona. La teoria fisiologica dichiara che mangiare l’argilla o la sporcizia contribuisce ad alleviare la nausea, a controllare la diarrea, all’aumento della salivazione, ad eliminare le tossine e ad alterare l’odore o la percezione del sapore durante la gravidanza (Advani, Kochhar, Chachra & Dhawan, 2014).
Le altre cause possono essere la carenza di ferro, zinco, calcio e altre sostanze nutritive (tiamina, niacina, vitamine del gruppo B e C). La pica si presenta in modo variabile nei pazienti affetti da carenza di ferro. Alcuni studi hanno dimostrato che alcuni bambini con carenza di ferro che in correlazione presentavano il disturbo pica, dopo il trattamento con il ferro presentavano remissione del disturbo: in un primo studio Lanzkowsky riferisce la remissione di pica nei bambini in seguito al trattamento con ferro per via intramuscolare (Lanzkowsky, 1959; citato in Ahmed, Gaboli & Attalla, 2015); la remissione da pica è stata dimostrata da MacDonald e Marshall nei bambini con anemia da carenza di ferro quando veniva somministrata la terapia di ferro (MacDonald e Marshall, 1964; citato in Ahmed et al., 2015). In Sudan l’anemia sideropenica è stata osservata nel 50% dei bambini che avevano pica; la pica si è risolta nel 90% di quelli trattati con la terapia di ferro (Altohami AE, Università della Scienza e della tecnologia, il Sudan, comunicazione personale; citato in Ahmed et al., 2015).
I pazienti consumano elementi insoliti, come l’amido da lavanderia, il ghiaccio e il terreno argilloso. Sia l’argilla che l’amido possono vincolare il ferro nel tratto gastrointestinale, aggravando la carenza. Un drammatico esempio dei problemi prodotti dal consumo di argilla si è verificato nel 1960 con le segnalazioni della carenza di ferro nei bambini lungo il confine tra l’Iran e la Turchia (Say, Ozsoylu & Berkel, 1969; citato in Advani et al., 2014). Questi bambini avevano altre anomalie, tra cui una peculiare massiccia epato-splenomegalia, una scarsa guarigione delle ferite e una diatesi emorragica. Presumibilmente, i bambini avevano inizialmente una semplice carenza di ferro associata a pica, tra cui la geofagia. Il terreno contiene composti che trattengono sia il ferro che lo zinco. La secondaria carenza di zinco è causata dall’epatomegalia e da altre anomalie insolite.
Un’altra causa che può essere associata a questa malattia è l’alto livello di piombo. L’esposizione al piombo è un problema per molti bambini che vivono o sono ospiti per lunghi periodi di tempo in case più vecchie che hanno la vernice a base di piombo. Queste sono state costruite soprattutto prima del 1970 e la vernice al piombo è stata bandita nel 1978. Tuttavia, altre fonti di piombo comprendono alcuni tipi di farmaci e alcuni tipi di ceramiche. L’ingestione di vernice è più frequente tra i bambini appartenenti ad un basso status socioeconomico ed è associata alla mancanza di supervisione da parte dei genitori.
Anche gli eventi traumatici sono associati con lo sviluppo della pica. Eventi comuni che potrebbero causare l’insorgere della pica includono la separazione dei genitori, la negligenza dei genitori, la mancanza d’interazione genitore-figlio e gli abusi sui minori.
Nonostante la grande varietà di teorie, nessuna di loro spiega tutte le forme di pica(Advani et al., 2014).
Comorbilità con la pica
I disturbi più comunemente in comorbilità con la pica sono il disturbo dello spettro autistico e la disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo); in misura minore, schizofrenia e disturbo ossessivo-compulsivo. La pica può essere associata alla tricotillomania (disturbo da strappamento di peli) e disturbo da escoriazione (stuzzicamento della pelle). Nelle manifestazioni in comorbilità, i capelli o la pelle vengono solitamente ingeriti. La pica può anche essere associata a disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, soprattutto in individui con una forte componente sensoriale inerente allo loro sintomatologia. Qualora sia noto che un individuo è affetto da pica, la valutazione dovrebbe comprendere la considerazione della possibilità di complicazioni gastrointestinali, avvelenamento, infezioni e deficit nutrizionale (American Psychiatric Association, 2014).
A seconda delle sostanze o degli oggetti che il paziente ingerisce con particolare predilezione la PICA prende vari nomi, da litofagia (ingestione di pietre) alla xilofagia (legno), dall’acufagia (per chi ingoia oggetti acuti) alla stactofagia (ingestione di cenere di sigarette)
Vi invito a leggere questi studi pubblicati dalla rivista ResearchGate, che illustrano il lavoro minuzioso di alcuni ricercatori che hanno sconfitto la pica in pazienti neurologici che non avevano avuto nessuna risposta all’integrazione di minerali o vitamine, quindi gli psicologhi sono intervenuti tramite l’analisi funzionale. Leggetelo perchè è davvero interessante:
Tra i pochi studi che hanno valutato gli interventi basati sui risultati di analisi funzionali sistematiche vi sono le ricerche di Fisher e colleghi (1994) e di Mace e Knight (1986). Nella prima ricerca, per ridurre a livelli prossimi allo zero il comportamento di Pica di tre bambini, si utilizzarono i risultati di un’analisi funzionale nella quale i rinforzi e le punizioni erano stati identificati attraverso procedure empiriche e poi applicati nell’intervento. Nella seconda, Mace e Knight (1986) trovarono che la frequenza del comportamento di Pica del partecipante al loro studio variava in relazione alla quantità di interazione sociale disponibile: a livelli elevati di interazione sociale corrispondevano bassi livelli di pica, mentre a livelli più bassi di interazione sociale corrispondevano elevate frequenze di pica. I risultati di questa indagine furono utilizzati per attuare un intervento fornendo al soggetto livelli di interazione sociale tali da ridurre la frequenza della pica.
L’analisi funzionale è una forma di valutazione del comportamento che viene utilizzata per studiare una serie di comportamenti problema come ad esempio l’autolesionismo (Vollmer et al., 1993), l’aggressività (Fisher et al., 1993; Piazza et al., 1997), gli scoppi d’ira (Carr e Newsom, 1985), le verbalizzazioni non funzionali (Mace e Lalli, 1991) — e intervenire su di essi. Solo in qualche caso essa è stata applicata alla valutazione e al trattamento della Pica.
Chapman e colleghi (1993) effettuarono un’analisi funzionale della Pica di un giovane con doppia diagnosi che ingeriva pastiglie di farmaci mettendo a rischio la sua vita, e rilevarono che questo suo comportamento veniva mantenuto da una dinamica funzionale di fuga dai compiti. L’intervento consisté nell’offrire al partecipante la possibilità di svolgere le sue attività preferite quando completava i compiti o consegnava le pastiglie che trovava. Quando invece ingeriva le pillole, gli veniva dato come conseguenza un compito che non gradiva. Questo tipo di intervento riuscì a eliminare la pica.
Piazza, Hanley e Fisher (1996) effettuarono un’analisi funzionale del comportamento di
ingestione di sigarette di un giovane, rilevando che esso persisteva
in assenza di conseguenze sociali rinforzanti. Gli autori ipotizzarono che tale
comportamento fosse mantenuto dal rinforzamento automatico provocato dagli
effetti della nicotina, e trovarono conferma a questa loro interpretazione attraverso analisi indirette. La Pica del soggetto infatti persisteva con le sigarette che contenevano del tabacco, ma non con quelle che contenevano altre erbe. Inoltre, i
risultati di una valutazione degli stimoli preferiti indicarono che il tabacco era la componente della sigaretta che il soggetto preferiva rispetto alle altre (carta, filtro). L’intervento consisté nel bloccare i comportamenti di Pica del ragazzo (interrompendo così la relazione instauratasi tra di essi e gli effetti nella nicotina).
In un altro studio i tre partecipanti hanno preso parte a un programma ospedaliero per la valutazione e il trattamento del Picacismo. Mary era una bambina di quattro anni, con un ritardo mentale gravissimo, disfunzioni congenite al cuore e un disturbo ai polmoni che richiedeva un rifornimento costante di ossigeno. Mary sapeva camminare, non parlava e in genere non rispondeva a istruzioni anche semplici. Era già stata ricoverata due volte in passato per far rimuovere degli oggetti dal suo stomaco o dall’esofago. Gli oggetti da lei ingeriti in genere erano parti di mobili, di vestiti, il suo tubo per l’ossigeno, lacci e capelli. Brenda era una ragazza di 17 anni, con diagnosi di ritardo mentale grave, autismo e sindrome di Cornelia de Lange.
Brenda sapeva camminare e comunicava mediante tre segni («per piacere»,
«mangiare»,«bere»). Era già stata ricoverata cinque volte per far rimuovere degli oggetti al suo stomaco o dall’esofago. Ingeriva in genere oggetti come chiavi, sassi, pezzi di giochi di plastica, pastelli e monetine. Tad era un bambino di cinque anni, con
diagnosi di autismo, disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, ritardo mentale
moderato e gravi esofagiti. Sapeva camminare, era in grado di rispondere a istruzioni semplici e comunicava mediante un solo segno. Le sue feci contenevano spesso
pezzi di stoffa, carta, parti di giocattoli, bastoncini e sassi. Una volta sua madre lo aveva scoperto mentre mangiava uno scoiattolo morto nel cortile di casa sua.
Due osservatori hanno registrato la frequenza dei comportamenti di Pica contemporaneamente ma separatamente nel 45%, 59% e 56% delle sessioni, per Mary,
Brenda e Tad.
Disegno e procedura:
L’analisi funzionale è stata effettuata utilizzando un disegno a più elementi per ciascun partecipante. Ogni sessione durava 10 minuti e veniva condotta in una stanza (3 x 3m) dotata di uno specchio unidirezionale. La stanza era riempita di oggetti ritenuti sicuri da un’équipe medica nel caso i partecipanti li avessero portati alla bocca o li avessero ingeriti. Tra questi, strisce di velcro, nastri, pezzi di carta,
il cuscino della sedia e un bastoncino di plastica blu per Mary; pezzi di carta,
candeline di compleanno, fagioli e pasta crudi e barrette di riso per Brenda; pezzi di carta, un orsetto imbottito, un asciugamano di stoffa e uno yo-yo per Tad. La pica con qualsiasi altro oggetto (ad es., il tubo di plastica, oggetti estranei) è stata bloccata con un’interazione minima (solo nel caso di Mary).
Nella condizione di attenzione sociale venivano consegnati dei giocattoli a ognuno dei partecipanti e veniva detto loro di giocare tranquillamente. L’attenzione, in caso di pica, era fornita sotto forma di rimprovero verbale (ad es.: «Non fare così!»). L’obiettivo di questa fase di ricerca era verificare se la pica potesse essere rinforzata dall’attenzione degli adulti.
Nella condizione di richiesta, era insegnato ai partecipanti a completare una serie di compiti pre-scolastici e relativi alla cura di sé utilizzando una procedura di aiuto composta da aiuti verbali, gestuali e fisici. Al verificarsi dei comportamenti di pica il terapeuta toglieva i materiali del compito e sospendeva la sequenza educativa per 30 secondi. L’obiettivo di questa condizione era verificare se la pica fosse rinforzata dalla fuga dai compiti educativi, vissuti come spiacevoli.
Nella condizione da solo, Brenda e Tad venivano lasciati soli nella stanza fornita di oggetti-stimolo per la pica.
Mary aveva bisogno di un rifornimento costante di ossigeno; per questa ragione, nella condizione «ignora», il terapeuta restava in un angolo della stanza per impedire l’eventuale pica del suo tubo di ossigeno, ma non entrava in contatto con lei per nessun altro motivo. L’obiettivo delle condizioni da solo (per Brenda e Tad) e «ignora» (per Mary) era quello di determinare se la Pica continuasse anche in assenza di conseguenze sociali. È stata effettuata una sessione della durata di 30 minuti nelle condizioni «da solo» per Brenda e «ignora» per Mary per poter osservare, per un periodo di tempo relativamente prolungato, la pica di questi due partecipanti in una condizione in cui non fossero disponibili conseguenze sociali per questo comportamento.
Nella condizione di gioco, sono stati messi a disposizione i giochi preferiti da ciascuno dei partecipanti. Il terapeuta lodava Mary e Tad ogni volta che non attuavano comportamenti di pica per 5 secondi di seguito. Se uno dei partecipanti si avvicinava al terapeuta, cercava un contatto visivo o faceva dei gesti verso di lui, il
terapeuta rispondeva, prestandogli attenzione fisica o verbale. Nella fase di gioco,
Brenda ha ricevuto un’attenzione continua e non contingente. Per tutti i partecipanti la pica non provocava conseguenze differenziali.
È stata effettuata una condizione con oggetti per Brenda, perché i suoi genitori hanno riferito che, al presentarsi di comportamenti di pica, erano abituati a darle della coca-cola per incoraggiarla a togliere gli oggetti dalla bocca. In questa condizione, in corrispondenza della pica, le veniva dunque offerta una piccola quantità di coca-cola.
Risultati
I livelli di pica per Mary restavano più o meno invariati in tutte le condizioni dell’analisi funzionale (attenzione sociale, M = 2,7 risposte al minuto; richiesta, M= 3,0; gioco, M = 2,3; ignora, M = 2,9; figura 1, grafico superiore). Questi risultati fanno supporre che nel suo caso la pica potesse essere mantenuta da rinforzamento automatico. È stata effettuata una sessione «ignora» prolungata per verificare se la pica continuasse a verificarsi in assenza di conseguenze sociali (Vollmer, Marcus, Ringdahl e Roane, 1995); anche durante questa sessione i valori di pica sono rimasti invariati.
I livelli di pica per Brenda (figura 1, grafico centrale) erano più elevati nella condizione con oggetti (M = 2,8) e si riducevano progressivamente nelle condizioni da solo (M= 2,6), di attenzione sociale (M = 2,4), di gioco (M = 1,3) e di richiesta (M = 0,5). Questi risultati lasciano pensare che (a) la pica poteva essere mantenuta da varie fonti di rinforzo (ad es. la disponibilità degli oggetti, l’attenzione degli adulti, il rinforzamento automatico) o che (b) la pica poteva essere mantenuta da rinforzamento automatico, poiché essa si verificava più frequentemente nelle condizioni in cui erano fornite meno stimolazioni (condizione con oggetti, attenzione sociale, da solo) e più raramente quando le stimolazioni erano invece piuttosto numerose (condizione di richiesta, di gioco). Nella sessione prolungata della condizione «da solo» i livelli di pica sono rimasti invariati. Da ciò si può dedurre che la pica nel caso di Brenda persisteva in assenza di conseguenze sociali, coerentemente con l’ipotesi secondo la quale essa veniva mantenuta, perlomeno in parte, da rinforzamento automatico. Questi risultati comunque non escludono la possibilità che la disponibilità di oggetti e l’attenzione da parte di un adulto possano anche esse aver contribuito al suo mantenimento.

I risultati di questo primo studio dimostrano che l’analisi funzionale può
essere uno strumento molto importante nella valutazione del Picacismo. Per due
dei partecipanti i risultati hanno confermato l’ipotesi del rinforzamento automatico; sembra però che la Pica di Tad fosse mantenuta da rinforzamento sociale e che questo tipo di rinforzamento possa aver contribuito anche al persistere
della Pica di Brenda; questi risultati indicano quindi che, anche nel caso della
Pica, non è corretto assumere la presenza di una certa funzione comportamentale basandosi esclusivamente sulla topografia delle azioni del soggetto.
Se volete continuare ad approfondire questi studi, vi invito a cliccare QUI.
Fonte: researchgate
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