Autismo. Interdizione, inabilitazione o amministratore di sostegno?

 

 

Sono giorni e giorni che leggo, rileggo e studio il codice civile alla ricerca di informazioni su come procedere quando arriva la maggiore età di un ragazzo autistico. Ho trovato di tutto nel web, soprattutto discordanze di pareri fra i giudici: alcuni scelgono senza ombra di dubbio l’Amministratore di Sostegno ed altri invece optano per l’Interdizione o l’Inabilità. 

Quello che più ho trovato è confusione, tanta confusione, soprattutto fra i genitori, che guarda caso, sono quelli che devono scegliere per garantire il bene dei propri figli. La maggior parte esclude l’Interdizione senza nemmeno sapere di cosa si tratta, mentre altri accettano di diventare Amministratori di Sostegno dei propri figli inconsapevoli di quello a cui realmente vanno incontro.

Vediamo di cosa stiamo parlando senza usare troppo il linguaggio giuridico, in modo che si capisca.

Quando tuo figlio/a compie 18 anni, come sappiamo, diventa maggiorenne e questa condizione gli attribuisce per legge la capacità di agire. Capacità di agire che concede il potere di votare, firmare cambiali, comprare immobili, ecc. 

Una persona che ha raggiunto la maggiore età, e che per il nostro ordinamento sarebbe capace di agire, ossia capace di compiere atti giuridici validi, può, di fatto, non essere capace (la cosiddetta “incapacità naturale”) e allora si possono presentare diverse difficoltà.

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Fra queste difficoltà c’é quella di compiere un atto giuridico valido, proprio perché il disabile non ha un rappresentante legale: ciò accade ad esempio davanti ad un pubblico ufficiale o a un medico, quando ci si rende conto che colui che deve manifestare il consenso è, di fatto, incapace di farlo.

Inoltre, se ad esempio, il soggetto incapace naturalmente compra un libro o una bicicletta ad un prezzo sproporzionato, o peggio, firma un assegno o una cambiale, non capendo il valore di ciò che firma, i contratti e i negozi unilaterali firmati saranno strettamente validi, salvo poi impugnarli, promuovendo un processo per annullarli, nel quale dovrà essere data prova di quanto sopra e dimostrata l’incapacità naturale dell’autore.

Se quindi un soggetto maggiorenne è totalmente incapace di intendere e di volere, il nostro ordinamento prevede che debba essere interdetto. Se invece è parzialmente incapace di intendere e di volere il nostro ordinamento prevede che possa essere inabilitato.

Interdire significa che l’incapace maggiorenne (ed anche nell’ultimo anno della sua minore età), previa dichiarazione del Tribunale della sua incapacità, ossia previa dichiarazione di interdizione, ritorna allo stato giuridico del minorenne. Il Tribunale accerta la sua incapacità e nomina un rappresentante legale, ossia un tutore.
Per tale motivo in alcuni Paesi della Comunità Europea la procedura viene definita come “prolungamento dell’esercizio della potestà genitoriale”, perché di fatto, il tutore diviene il rappresentante legale dell’interdetto esattamente come se quest’ultimo fosse minorenne.

Problemi culturali

La cultura della tutela in Italia stenta ad affermarsi, in quanto “marchiare” attraverso un processo con una sentenza di interdizione il figlio, il fratello, il padre, spaventa tutti. Inoltre è diffusa la convinzione secondo cui, comunque, l’unica funzione del tutore, sia la gestione del patrimonio dell’interdetto, gestione che diventa più complessa perché passa attraverso il controllo del Tribunale.
Tuttavia vi sono anche degli indubbi vantaggi nel ricorso all’istituto dell’interdizione per il soggetto incapace: infatti essere rappresentante legale del proprio figlio agevola i genitori nei casi di cui sopra.
A ben vedere peraltro il tutore non è solo il rappresentante legale e gestore del patrimonio, ma è colui che dovrebbe, ex art. 357 c.c., avere cura della persona del tutelato. Il tutore ha quindi anche una rilevante funzione nella cura morale della persona.
Ciò significa ad esempio che i genitori, se il figlio è interdetto, possono scegliere nella loro vita un futuro tutore che conosca il loro figlio e che, quale persona fisica, sia in grado di assicurare all’interdetto quella continuità affettiva e di memoria del suo vissuto, anche dopo la morte dei genitori.
Il fatto che un Tribunale controlli l’operato del tutore può apparire un po’ gravoso, se il tutore è il genitore, ma diventa molto importante e costituisce una garanzia per gli stessi genitori, per il “dopo di noi”, sapere che il tutore, terzo estraneo, ha un controllo giuridico da parte del Tribunale.

L’inabilitato, invece, previa dichiarazione del Tribunale della sua parziale incapacità, diversamente dall’interdetto, può compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione da solo, mentre deve essere affiancato dal curatore per gli atti di straordinaria amministrazione e necessita sempre per questi ultimi, della autorizzazione del giudice tutelare.
Il curatore non è rappresentante legale ma deve firmare gli atti di straordinaria amministrazione insieme all’inabilitato valutando l’opportunità degli stessi preventivamente con il giudice.
L’atto senza la firma del curatore è annullabile.
Valgono anche per l’inabilitato le stesse considerazioni fatte per l’interdetto, ossia il curatore non si occupa solo dell’aspetto patrimoniale. Egli deve certamente amministrare il patrimonio insieme all’inabilitato in modo oculato, ma lo accompagnerà nelle scelte più importanti della sua vita e firmerà insieme a lui tutti gli atti di straordinaria amministrazione, il che costituisce una enorme protezione per l’incapace.
Anche in questo caso, soprattutto quando curatore è un terzo, il controllo del Tribunale sul suo operato e sulla sua condotta è una garanzia.

Da pochissimo si è aggiunta anche la figura dell’Amministratore di Sostegno, nato con l’idea di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente che siano di più semplice e veloce applicazione rispetto alle comuni pratiche dell’interdizione o dell’inabilitazione.

I potenziali beneficiari dell’amministratore di sostegno sono le persone che, per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. Se si chiede l’amministratore di sostegno per una persona già interdetta o inabilitata, deve essere presentato al giudice competente un’istanza di revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione.

La differenza sostanziale fra amministratore di sostegno e gli altri istituti (interdizione e inabilitazione) è che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno. Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.

In sintesi: il disabile fa tutto quello che può fare e laddove non è in grado subentra il tutore. Inoltre la procedura è più snella, costa poco meno degli altri istituti e e gli atti hanno una più semplice applicazione. 

Qual è fra queste figure quella più indicata per i nostri figli? Il mio personale parere

 

Beh… qui si apre un mondo. C’è chi sconsiglia di non ricorrere all’Interdizione perché si potrebbe finire in un Istituto, chi dice di escluderla a priori perchè è come se mio figlio “sparisse” e c’è chi sostiene invece che l’Amministratore di Sostegno costituisca la scelta migliore perchè è la meno invasiva, quella che definisce un progetto più rispettoso del percorso di vita del disabile.

La domanda da porsi però è: mio figlio è e sarà in grado di scegliere Salvini piuttosto che Berlusconi? Mio figlio si sposerebbe consapevolmente? Mio figlio è in grado di scegliere l’anestesia migliore fra spinale o generale? E’ in grado di firmare cambiali, firmare procure, vendere, comprare? Quando non ci sarò più, cosa accadrebbe se lascio a mio figlio una limitata capacità di agire?

La paura che le persone hanno dell’Interdizione, sinceramente la trovo immotivata. Non bisogna aver paura delle parole. Se nostro figlio non è capace va interdetto, se invece è limitatamente capace va inabilitato. Sono felice che esista anche l’Amministratore di Sostegno per tutti quei disabili parziali, temporanei, meno gravi e con assoluta capacità di scegliere, perché finalmente hanno un’istituzione che gli tutela e li rende liberi. Ma in alcune circostanze, di totale incapacità, l’Interdizione, che non è la morte civile, come dicono alcuni, è secondo me, la scelta più sensata.

Il giudice è tenuto a rigettare la richiesta di interdizione avanzata dai parenti del soggetto in stato di infermità mentale se questo è in grado di vivere da solo, di occuparsi delle faccende quotidiane in casa, di gestire i soldi che gli provengono eventualmente da una pensione civile, di assumere i farmaci prescritti e di sottoporsi a regolari controlli medici. Quindi dovete chiedervi: mio figlio sarà in grado di fare tutto ciò?

Vi faccio questo esempio perché è calzante: non so se avete sentito parlare di Jacopo,130014632-f785300a-c3cd-4363-858c-2a9d0a3ebaaf un ragazzo autistico di circa 40 anni, che il programma Le Iene ha seguito: Jacopo ha come Amministratore di Sostegno sua madre, e Jacopo frequenta un Istituto. Nel tempo libero Jacopo vede un assistente di nome Roberto che lo adora, si prende cura di lui e lo tratta bene come mai nessuno: stanno benissimo insieme e Jacopo è felicissimo. Quando la madre di Jacopo si ammala, a sua volta le viene assegnata (alla madre) un Amministratore di Sostegno. Di conseguenza la madre non può più fungere da Amministratore a Jacopo, e a quel punto arriva il giudice che assegna un tutore diverso a Jacopo, tutore che nel giro di poco tempo gli impedisce di vedere Roberto, quella persona con la quale si trovava così bene. 

Vi racconto questa storia perché Jacopo non è interdetto, e non ha un amministratore di sostegno, ma è inabilitato. E quindi a Jacopo non può essere vietato di fare una cosa che a lui piace. Jacopo, secondo l’inabilitazione, potrebbe scegliere da se e dire: “io voglio stare con Roberto“. Ma perchè, secondo voi, succede invece che gli abbiano tolto Roberto e che addirittura lo abbiano trasferito di Istituto, ad uno molto più lontano dalla madre?:

Ve lo dico io: perché a nessuno frega un tubo di Jacopo e il tutore che gli hanno messo non risponde affatto ai suoi interessi. Se Jacopo fosse stato interdetto e avesse avuto a suo fianco un tutore che gli voleva bene, oggi Jacopo starebbe con Roberto, il suo angelo speciale che lo rende felice.

QUI potete vedere la storia di Jacopo.

Questa storia mi ha fatto capire che la differenza la fanno le persone, e non il fatto che nostro figlio sia interdetto, inabilitato oppure che abbia l’Amministratore di Sostegno.

E’ chiaro che, se siamo di fronte ad un ragazzo autistico assolutamente in grado di capire cosa vuol dire votare, cosa vuol dire comprare e valutare un immobile, una macchina, firmare una cambiale e capirne la valenza, ecc. ben venga l’Amministratore di Sostegno, ma quando sappiamo che nostro figlio potrebbe essere vittima di malintenzionati che: gli attribuiscono figli che non sono suoi, gli fanno firmare documenti che potrebbero essere dannosi per lui o per altri, o tantissimi guai simili, io direi che l’interdizione sia la cosa più indicata.

Vedete, questa società è piena di leggi politicamente corrette: l’inclusione ad esempio, tanto bella da sentire, ma tutti gli anni si ripresenta il solito problema: i docenti di sostegno mancano nelle scuole. “Tutti i disabili insieme ai normo tipici perché noi siamo inclusivi“, poi i primi a subire i tagli delle ore, i primi a ricevere docenti non preparati, i primi ad essere messi da parte sono proprio le persone con disabilità.

 

L’Amministrazione di Sostegno, nata per essere elastica e a favore del disabile, funziona fin quando è la famiglia che funge da tutore del disabile, ma se per caso la famiglia, per svariati motivi, viene a mancare e al disabile capita il tutore ebete e cretino, non conta se il disabile è interdetto, o se pure ha la limitata capacità di agire dell’Amministratore di Sostegno, non conta niente. Di nostro figlio, il tutore designato, potrebbe fare quello che vuole, illegalmente, ma potrebbe farlo, e Jacopo ne è la dimostrazione.

La scelta è assolutamente personale, come un abito da indossare. Ogni genitore, senza pregiudizio alcuno, deve valutare, escludendo la paura, i costi, la procedura snella, i pro e i contro di ognuna di queste istituzioni giuridiche e scegliere VERAMENTE quella più adatta alle condizioni del proprio figlio, ricordando che le speranze e l’ottimismo sono una cosa, ma la realtà, i fatti, sono altro. E per prendere la miglior decisione non basta essere sognatori e ottimisti, bensì dannatamente razionali. 

-“Io prego tutti i giorni di andarmene insieme a mio figlio” -mi ha detto tempo fa la mamma di un adulto autistico. Perché alla fine siamo in balia della sorte, e questo è deprimente. Dovremmo essere certi che dopo di noi saranno rispettate le volontà di nostri figli, e che se vogliono il verde piuttosto che il rosso, li sia dato il verde. Invece no, non abbiamo certezze di nulla.

Chiediamo allo Stato un dopodinoi SERENO e assicurato per tutti i disabili, che siano interdetti, inabilitati oppure che abbiano l’amministratore di sostegno. Il sunto è questo!

Cosa ho scelto e perchè?

Proprio ieri, 17 settembre 2019 mi sono presentata davanti ad un giudice del Tribunale di Roma per scegliere fra una di queste istituzioni giuridiche. Appuntamento fissato da tempo, tramite il mio avvocato (c’è chi sceglie di farlo anche personalmente recandosi al Tribunale). 

Per fortuna mi è capitata un giudice “delizioso”, puntualissima, che ha messo a suo agio Ares con domande e silenzi opportuni, e che ha cercato di essere gentile e disponibile pur rispettando tutte le regole e i passaggi della pratica. 

Ero indecisa, vi confesso. Ero molto indirizzata sull’interdizione e l’ho commentato ad alcuni di voi che mi avete scritto chiedendomi un parere. Ero indecisa proprio perchè non credo sia importante cosa si sceglie. Fin quando noi genitori siamo in vita è chiaro che ci prenderemo cura di nostri figli nel miglior modo possibile. La questione subentra DOPO, quando non ci saremo più. Ares ha una sorella ed è naturale o quasi, che sia lei, in futuro, a fargli da Amministratore di Sostegno, ma se dovessimo mancare tutti i parenti più vicini per svariate ragioni, sarà il nuovo tutore, nominato dal giudice, a fare la differenza e non il tipo di istituzione giuridica scelta.

Ho scelto alla fine l’amministrazione di sostegno perchè, da una parte, tutte le associazioni per la disabilità gridano a gran voce la cancellazione dell’interdizione e dell’inabilità, quindi in qualsiasi momento potrebbe capitare che spariscano, ma anche perchè in fondo, Ares è assolutamente in grado di scegliere ad esempio dove vuole stare: in campagna o in città. Può scegliere se vuole una casa di un tipo piuttosto che un’altra e l’amministrazione di sostegno è l’unica istituzione giuridica che può essere “aggiustata” a seconda del volere del beneficiario. 

Ritengo però, e lo ripeterò fino a stancarmi, che i genitori e le associazioni che oggi vogliono che spariscano le altre istituzioni giuridiche, pur di garantire il rispetto della persona disabile, debbano piuttosto concentrarsi sull’applicazione REALE della legge 112/16 (con progetti durantenoi compressi) così che si possa morire tranquilli, consapevoli che i nostri figli, inabilitati, interdetti o con un amministratore di sostegno, vivranno senza di noi una vita dignitosa, esattamente come merita qualsiasi disabile in una società civile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonti: 
Handilex
Carlo Giacobini
Responsabile Centro per la documentazione legislativa
Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare
Direzione Nazionale
 Maria Carla Barbarito, Avvocato – Per gentile concessione della rivista Mobilità

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