L’altro giorno ho sentito la mamma di un bambino autistico rivolgersi al proprio figlio così: “a mamma, non ti toccare l’uccellino”.
Storpiare le parole, soprattutto quando si ha un bambino con problemi cognitivi, è uno degli errori più frequenti che compiono genitori, parenti e anche educatori.
Secondo me vale per tutti, anche per i bambini normo tipici. Ma qui ci occupiamo di autismo e quindi parliamo di nostri figli. Ovvio, il mio è soltanto un modesto consiglio per chi ha un bambino piccolo e una diagnosi d’autismo appena arrivata.
Ci sono diversi argomenti da trattare per spiegare l’importanza di chiamare le cose con il proprio nome:
- I ragazzi autistici non sempre capiscono l’ironia o i doppi sensi. Sono trasparenti nella loro innocenza, e molto, ma molto concreti quando provano a capire i concetti. Di conseguenza se chiami il pene “uccello”, lo confondi terribilmente. L’uccello gli verrà insegnato poi, a scuola, come animale che vola nel cielo, e tu, mamma o papà, starai semplicemente ingarbugliando la sua mente.
- I bambini autistici, più di altri, hanno una memoria fotografica davvero particolare, di conseguenza non è un bene dirgli: “guarda il bau”, se poi dovrai insegnargli che il cane, appunto, fa “bau”. Quando inizieranno a parlare potrebbero ricordarlo e quindi ripeterlo.
- Non serve parlare con astrusi termini filosofici, che anzi, non verrebbero affatto compresi, ma semplicemente chiamare le parti del corpo, gli oggetti della vita quotidiana, gli abiti che indossiamo, il nome dei parenti, le canzoni, esattamente con il loro nome, niente di più e niente di meno.
- Per esperienza personale, i termini corretti sono di grande aiuto quando arriva l’adolescenza e si affronta la masturbazione. I termini da usare, quando si arriva a quest’età, devono assolutamente essere quelli giusti.
- Non è affatto vero che il bambino è più empatico con i genitori o con i nonni se con lui si usa “il bambinese”, infantilizzando il linguaggio al punto da renderlo irriconoscibile. Con i bambini conta il tono della voce, la dolcezza che si è in grado di trasmettere e non si è più dolci dicendo: “a mamma, guarda il miao”, oppure “a mamma, quando devi far pipì stai attento al pisellino”
- Se il bambino autistico verbale vi dirà: “voio aua”, sarà vostra cura, anche senza correggerlo, rispondere: “certo, Ares, ti prendo l’acqua”, “ora vado in frigo e ti prendo l’acqua”, se necessario ripetendo più volte le parole e S C A N D E N D O, affinchè rimangano impresse.
- Se invece verrà punto da una zanzara non aiuta dirgli qualcosa del tipo: “ti sei fatto la bua?”, lo so, vi viene spontaneo, ma per un bambino autistico una delle cose più importanti è imparare a dire: “mi sono fatto male, ho dolore alla testa”, in maniera corretta, affinché possa essere compreso sia da voi, che da altri (familiari, operatori o assistenti).
- Se si tratta di un bambino normo tipico alcune cose, quasi tutte, possono essere corrette con il tempo, con la frequenza a scuola, ascoltando il linguaggio dei compagni. Quando si tratta di un bambino autistico invece, non è mai abbastanza la cura che mettiamo nel pronunciare le parole perchè i nostri ragazzi non sempre imparano guardando, ma a loro va insegnato quasi tutto.
“Non è utile parlare ai bambini come se fossero degli adulti, con costruzioni linguistiche complesse e frasi troppo lunghe, ma le parole devono rimanere quelle che sono, con tutta la loro “complessità”. Quando diciamo “pappa” al posto di “pastina”, quando diciamo “nanna” al posto di “dormire”, quando diciamo “acca” al posto di “acqua” crediamo di fornire parole più facili da produrre, ma non è così.
Non è affatto una buona strategia da adottare quella di semplificare il linguaggio, piuttosto è utile spezzettare le parole in sillabe, parlare più lentamente, accentuare le parole con un’intonazione. Accentuare l’intonazione e l’enfasi aiuta il bambino a memorizzare meglio le parole, per cui esagerate molto con i toni di sorpresa, di gioia e tutti i rinforzi positivi, evitate i rinforzi negativi.”
E’ già difficile insegnare ad un bambino autistico 20 semplici parole, figuratevi se le impara storte o sbagliate. No si tratta di parlare come Dante Alighieri, ma di tagliare alcuni “brum brum” o “gnam gnam”. Pensateci!!!
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