I consigli di Temple Grandin: il pensiero per immagine

 

 

Pensare con il linguaggio e le parole mi è estraneo. Io penso interamente per immagini.
E’ come guardare nella mia immaginazione una serie di videocassette sullo schermo di un videoregistratore. Ero convinta che tutto il mondo pensasse per immagini prima di interrogare moltissime persone sui loro meccanismi di pensiero.
Per recuperare un‘informazione che mi è stata comunicata verbalmente devo ripassare la videocassetta della persona mentre  parla.

Tanti autistici sono pensatori visivi. Le immagini rappresentano la mia prima lingua, e le parole sono la mia seconda lingua. I sostantivi sono state le parole più facili da apprendere, perché potevo crearmi nella mente un’immagine della parola. Per apprendere termini come “su” o “giù,” l’insegnante doveva dimostrarli: per esempio, prendere un aeroplanino giocattolo e dire “su” mentre fa decollare l’aeroplano dalla scrivania. Alcuni bambini imparano meglio se si utilizzano delle carte con i termini “su” e “giù” attaccate all’aeroplanino giocattolo. La carta “su” viene attaccata quando l’aereo decolla, e la carta “giù” viene attaccata quando atterra.

La modalità di pensiero visivo è stata una carta importante per concepire attrezzature per il bestiame e mi ha permesso di acquisire una reputazione internazionale in questo campo.
Mi riesce facile disegnare progetti complessi di parchi per bestiame che utilizzino il cemento e l’acciaio. Posso visualizzare, con l’immaginazione, una videocassetta dell’allestimento così come sarà una volta terminato.
Posso fare, con l’immaginazione, varie simulazioni del funzionamento del sistema con animali di taglie diverse.

[… ] quando penso ad un concetto astratto, come i rapporti con le persone, uso immagini visive, come quella di una porta di vetro scorrevole.
E’ necessario cominciare un rapporto con dolcezza perché, se ci si precipita troppo rapidamente in avanti, si rischia di mandare la porta in frantumi. Pensare alla porta non mi bastava. Bisognava che la varcassi realmente. Quando ero al liceo e all’università, mi servivo di vere e proprie porte per simbolizzare i più importanti cambiamenti della mia vita, come il conseguimento di un diploma. La notte mi arrampicavo sul tetto del dormitorio passando attraverso una botola per sedermi e pensare a come sarebbe stata la vita dopo l’università.
La botola era il simbolo della consegna del diploma. Le porte mi servivano da linguaggio visivo per esprimere le idee che normalmente si traducono con le parole.
[….] Adesso non mi servo più delle porte scorrevoli per comprendere le relazioni interpersonali, ma devo comunque legare un rapporto particolare a qualcosa che ho letto o vissuto. Per esempio, una lite fra i miei vicini somiglia al conflitto tra gli U.S.A. e l’Europa a causa dei diritti doganali. Tutti i miei ricordi sono immagini visive di
avvenimenti precisi.

Temple Grandin

 

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