Genitori e docenti. Il modo giusto per fare richieste

 

Ho notato, nel corso degli anni, che molti genitori cadiamo sempre nello stesso errore quando facciamo i compiti con i nostri figli o semplicemente quando proviamo ad insegnare un argomento. 

Ad esempio, vogliamo che il bambino tocchi una scheda con la palla gialla affinchè impari a riconoscerla fra diversi colori: “Tocca la palla gialla, Mario. Dai tocca la palla. La vedi? Mario, guardami, guardami… Eccola la palla gialla. Pal-la. Eccola, è proprio qui”  “E’ questa, la vedi?” Questa, non quella”.

Ecco, tutte queste richieste non fanno che confondere il bambino e ritardare la sua risposta, a volte potresti anche non ottenere nessuna risposta. Perchè in principio il bambino provava ad elaborare la prima richiesta (tocca la palla gialla), ma nel frattempo gli sono capitate una decina di altre richieste in un miscuglio di altre parole non accompagnate da suggerimenti o da aiuti che possano indicargli cosa deve fare realmente.

Quando ci arriva la diagnosi di autismo una delle prime cose che dobbiamo imparare come genitori è come fare richieste concise e questo dovrebbe essere uno dei compiti dei terapisti A.B.A., i quali non sono chiamati soltanto a insegnare ai nostri figli, ma anche a noi, ai fini di rendere l’intervento comportamentale più efficace e duraturo. Spesso la terapia finisce quando il terapista va via di casa oppure quando portiamo via il bambino dal centro, invece è fondamentale che per tutta la giornata e con qualsiasi componente della famiglia, l’intervento terapeutico continui come generalizzazione degli argomenti imparati.

Quando facciamo una richiesta ai nostri figli, con ritardi o menomazioni comunicative, difficoltà a comprendere il linguaggio parlato, a comprendere parole/termini astratti, fare inferenze, leggere le espressioni facciali e rispondere in modo appropriato al linguaggio parlato, dobbiamo conoscere il modo giusto per non confonderlo. Pensare che : “forse non mi ha sentito la prima volta”, oppure che “se non urlo non mi capisce”, è semplicemente deleterio.

Un trucco che spesso metto in pratica quando faccio una richiesta ad Ares è il conto alla rovescia nella mia testa: “Ares, quanto è 3+4?” E nella mia testa parte il 5…4…3…2…1. Finito il conteggio mentale si passa all’aiuto. 

Se dico: “Ares, la maglietta è sporca, mettila in lavatrice”, sto impartendo un’istruzione chiara. Ares sente bene (perchè ha fatto accertamenti sull’udito e sente benissimo), quindi non serve che io ripeta la richiesta. Ma parte il mio timer mentale dopodichè, serve che mostro quello che voglio che Ares faccia. Arrabbiarmi perchè magari mi ha ignorato non farà sì che Ares metta in lavatrice la maglietta sporca. Anzi, amplificare la mia reazione dopo che Ares inizia a ignorarmi in realtà gli sta dando molta attenzione che non è affatto necessaria e che potrebbe rinforzare il fatto che mi ha ignorata.

Il passo successivo deve essere l’aiuto fisico (poche parole o nessuna) e mi avvicino ad Ares guardando la maglietta affinchè veda che non mollo, ma che la maglia deve finire in lavatrice, lui si alza, la prende e la porta in lavatrice.

Quante richieste ripetiamo nell’arco di una giornata? Ve lo siete chiesto? Troppe! E non abbiamo così tanto tempo per ripetere istruzioni.

Quindi, ricapitolando:

” Ares, metti la maglietta sporca in lavatrice” (ottieni l’attenzione prima di fare la richiesta, usa un linguaggio chiaro, conciso, numero di parole sufficienti) e subito dopo fai partire il tuo timer mentale.

Ares non risponde, quinti lo avvicini, lo aiuti guardando insieme a lui la maglietta sporca, oppure dicendo meno parole: “portala”

Ares la porta in lavatrice. Dici: perfetto, ora la maglia sporca è in lavatrice! non rimproveri nessuno o ti arrabbi. Non lodi troppo perchè non ha risposto alla prima richiesta. Magari richiedi la stessa cosa in un secondo momento e se risponde subito fornisci un premio o semplicemente lodalo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Risorse e fonti: 
 Tameika Meadows, BCBA, Autore Del Blog I love ABA