Come evitare i comportamenti problema e come risolverli quando si presentano

 

Insomma le crisi arrivano prima o poi sotto forme diverse. Ci sono anche momenti molto brutti come l’autolesionismo, e in alcuni casi anche l’aggressività.

In generale io sono sempre molto attenta al comportamento di Ares quando sono con lui. Attenzione che spesso si traduce nel bloccare in tempo alcuni atteggiamenti che non saprei davvero in cosa si sarebbero potuti trasformare. Di solito riesco a bloccarli parlando: “Ares guardami, sei nervoso? Spiegami (smettendo di fare qualunque cosa e sedendomi) cosa ti da fastidio? Vuoi qualcosa, vuoi andare da qualche parte? Ti da fastidio il rumore?”

La maggior parte delle volte le crisi non cominciano. Ho anche insegnato ad Ares a contare fino a dieci quando è particolarmente nervoso. A respirare profondamente e contare, respirare profondamente e contare.

Lo so che non è sempre possibile stare calmi, ma una crisi può arrivare anche quando siamo noi quelli stressati. I ragazzi autistici, non sapendo perchè urliamo, per quale motivo si discute a voce alta, si urla ecc, possono innescare un meccanismo di autodifesa oppure di frustrazione tramite una crisi. Dunque evitiamo di litigare davanti a loro, cerchiamo, nella misura del possibile, di essere calmi quanto basta per non innescare crisi di nervi nei nostri figli.


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E’ bene anche pianificare il modo con cui il bambino deve comunicarti un suo stato di sofferenza. Potrebbe ad esempio, scriverlo oppure potrebbe indicare con una X una lista (fatta precedentemente) di alcune cose che vuole, ad esempio:

“Ares, segna con una X cosa vuoi”:

andare al parco

mangiare un gelato

voglio silenzio

voglio che abbassi la TV

voglio che mio fratello non urli

voglio la plastilina

rivoglio la piscina

non voglio mangiare più la pizza, oppure voglio la pizza a cena

non voglio andare a scuola

non voglio andare al centro estivo

Ares ha una stanza di casa, cosiddetta “del silenzio”, dove può alzare o abbassare il volume della TV a seconda di come lui preferisca. Esiste invece un’altra sala dove non gli è consentito abbassare il volume della televisione, in quanto è la stessa stanza che usa la sorella per guardarsi un film. Se lui vuole abbassare il volume e crearsi uno spazio tutto suo dove suonare la chitarra, arrotolare il nastro, ecc, sentire la musica alta oppure abbassarla a zero, lui sa che deve alzarsi e andare alla stanza a lui dedicata.

Credetemi, con piccoli accorgimenti, che richiedono un minimo di preparazione, e una dosi ragionevole di attenzione e cura, la giornata può tranquillamente passare senza particolari intoppi. Tenete sempre presente che dopo una lunga passeggiata fuori, dopo un giro per negozi, dopo la scuola, dopo intensi rumori e sollecitazioni, la persona autistica ha bisogno di un po’ di tranquillità, quindi evitate ulteriori rumori appena arrivati a casa, televisioni troppo alte, chiasso di fratelli, cercate di ritagliargli uno spazio tranquillo, giacché ne gioveranno tutti.

Infine, io segno sempre quando è avvenuta la crisi, con quali modalità, cosa faceva Ares prima, cosa faceva dopo, cosa accadeva attorno a lui, ogni dettaglio, come ho reagito alla crisi e se il mio comportamento ha avuto successo. Così, ho anche il margine e gli elementi per una valutazione approfondita, sia con me stessa che con la terapista e il supervisore ABA, le quali, quasi sempre, con elementi simili, riescono a “vedere” più di me, alcuni punti essenziali che possano aver scatenato la crisi.

I problemi comportamentali sono sempre un messaggio. Di conseguenza il metodo migliore per diminuirli deve essere primo: decifrare il messaggio nascosto dietro la crisi e secondo: offrire alternative più efficaci di comunicazione.

 

“L’essere appena nato, diceva Platone, ha fin dall’inizio un
modo di piangere … 348 a.C. (…..) così quando la nutrice vuole scoprire i suoi desideri, indovina da queste indicazioni che cosa offrirgli. Se il bimbo si acquieta quando gli viene offerto qualcosa, essa
ritiene di aver trovato la cosa giusta, o quella sbagliata se il pianto continua”

La categoria dei comportamenti strani che diventano un “problema”, perché costituiscono oggettivamente un ostacolo alla persona stessa, è amplissima: si va dall’autolesionismo, all’aggressività, alla stereotipia, all’ecolalia senza scopo comunicativo, alcuni ragazzi bestemmiano, dicono parolacce, sputano, sbattono la testa, diventano eccessivamente oppositivi, non ascoltano i genitori, hanno reazioni emozionali eccessive di paura, ansia (ad esempio le fobie per l’acqua, per alcuni animali) e di collera e rabbia anche a lievi frustrazioni, che possono dare origine a lunghissimi episodi di pianto, chiusura in sé e rifiuto delle attività.


dai un’occhiata a questo articolo sull’autoregolazione emotiva 


 

Tutte le persone che, a vario titolo, interagiscono con una certa regolarità con la persona (insegnanti, educatori, familiari, terapisti, ecc.) dovrebbero collaborare nella stesura della descrizione operazionale dei comportamenti problema, che consiste nel dettagliare in modo preciso tutte le forme specifiche di comportamento che, per i motivi più vari, creano disagio e preoccupazione e che si vorrebbero conseguentemente sostituire attraverso un intervento educativo.

La raccolta poi, di dati precisi ed oggettivi (Analisi Funzionale) è imprescindibile per capire come agire in futuro. Ecco che quindi, come vi spiegavo sopra, è bene segnarci antecedenti della crisi e conseguenze della crisi o del comportamento problema

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Dopo l’attenta osservazione del problema si possono cominciare a formulare ipotesi sul diverso “utilizzo” del comportamento problema. Ad esempio Ares quando si annoia fa un movimento con le mani, fa dei percorsi immaginari con le dita, aprendole e chiudendole, come Pac man, mentre mangia.200px-Prickätarpucken.svg

Per una settimana lo abbiamo osservato io e le insegnanti e alla fine la conclusione è stata che quando si annoia fa questo specifico movimento.

Queste osservazioni dovrebbero confermare o meno l’ipotesi di partenza attraverso la documentazione di “regolarità” di interazione tra i tre elementi base della situazione: gli eventi “antecedenti” al comportamento problema (il contesto di partenza: ad esempio, scarsa stimolazione oppure richieste di attività che provocano paura, oppure frustrazione di un desiderio, ecc.), il comportamento problema e gli eventi “conseguenti” (ciò che accade dopo: ad esempio, tutti accorrono per trattenere e bloccare la persona, il docente smette di proporgli attività didattiche, egli riesce finalmente a uscire in giardino, ecc.).

Se queste osservazioni ripetute nel tempo riescono a evidenziare un qualche tipo di regolarità, di schema classico di interazione, ci si potrà avvicinare alla comprensione delle cause di quel comportamento.


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Una volta individuata la causa della crisi o del comportamento problema dovremo porci due obiettivi: uno è diminuire la frequenza di questi comportamenti e due: insegnare nuovi comportamenti adeguati.

A questo riguardo, tutte le alternative comunicative sono ben accette: PECS, Comunicazione Aumentativa, comunicazione verbale, linguaggio dei segni…

Per quanto invece riguarda il comportamento sarebbe meglio sostituire il comportamento problema con uno più socialmente accettabile. Ad esempio se il bambino morde la madre per richiamare la sua attenzione, quel morso potrebbe essere sostituito con una semplice pacca sulla spalla.

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonti:
Carr E.G. (a cura di) (1998), Il problema di comportamento è un messaggio. Interventi
basati sulla comunicazione per l’handicap grave e l’autismo, Trento, Erickson
L’intervento educativo sui comportamenti problema nel ritardo mentale grave e nell’autismo
Dario Ianes, psicologo – Centro Studi Erickson, Università di Trento, Bolzano e Padova
Sofia Cramerotti, psicologa – Centro Studi Erickson, Trento

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